Renato Mambor

Renato Mambor (Roma, 4 dicembre 1936 - 6 dicembre 2014) è uno dei protagonisti della ricerca nelle arti visive fin dalla fine degli anni Cinquanta. Ha vissuto in prima persona il clima culturale di sperimentazione e rinnovamento degli anni Sessanta e Settanta, compagno di strada di Pascali, Ceroli, Schifano, Festa, Kounellis, con cui ha fatto parte di quella che storicamente è stata definita Scuola di Piazza del Popolo. Renato Mambor è uno dei primi artisti a sconfinare dalla pittura in altri linguaggi quali la fotografia, il cinema, la performance, le installazioni, il teatro. Inizia la sua attività con l’invenzione di un’immagine figurale fredda e spersonalizzata attraverso l’uso di sagome statistiche, segnali stradali, ricalchi fotografici, stampigliatura di timbri e rulli. Le sagome piatte bidimensionali escludono i tratti somatici, ogni segno di profondità o di calligrafia. Tra il 1960 e il 1965 Mambor espone a Roma alla Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis. Nel 1966 per la mostra “Pascali Mambor”, alla Libreria Guida di Napoli, scrive la sua prima presentazione critica Achille Bonito Oliva. Nello stesso anno, assieme a Ceroli e Tacchi Mambor si trasferisce per un periodo in America per vivere da vicino l’esplosione della Pop Art di cui non condivide le immagini colorate e chiassose. Partecipa ad alcune mostre collettive e torna in Italia con un desiderio di silenzio e di approfondimento. Inizia il periodo delle decostruzioni linguistiche attraverso l’uso seriale di pannelli, dedicandosi ad un lavoro più concettuale. Invitato da Germano Celant per la mostra “Arte povera-imspazio” si trasferisce a Genova e espone per alcuni anni alla Galleria La Bertesca. L’opera Diario 67 è apprezzata anche da Alan Solomon, che lo sceglie per la mostra “Young Italians” a Boston nel 1968. Nel 1967, seguendo una linea analitica, realizza un’opera chiamata Filtro, in cui sposta il valore dell’arte nell’atto stesso della percezione. La suddivisione mentale della percezione viene scissa nelle unità elementari - materia, forma, colore e tempo - e tale analisi viene ripresa anche attraverso il mezzo fotografico, in opere quali Il mare e L’albero, che sono presentate da Filiberto Menna. In parallelo Mambor sviluppa un’altra tematica ricorrente nel suo lavoro con opere “aperte” per stimolare la partecipazione attiva del pubblico o di altri artisti. Dopo Cubi mobili e Diario degli amici, anche Itinerari. Mambor partecipa al “Il Teatro delle Mostre” organizzato nel 1968 dalla Galleria La Tartaruga a Roma, e poi è invitato da Achille Bonito Oliva nel 1970 a Montepulciano per la mostra “Amore mio” e per “Vitalità del negativo” a Roma, Palazzo delle Esposizioni. Tra il 1968 e il 1970 estende il suo interesse alla fotografia e all’happening, con le Azioni fotografate. Nel 1971 si trasferisce a Milano, dove giunge all’invenzione dell’Evidenziatore, un aggeggio meccanico che si aggancia alle cose della realtà spostandole nella categoria dell’arte. Tutta l’indagine, le interpretazioni, le interviste, l’apparato fotografico verranno riuniti nel volume L’evidenziatore, Edizioni Multipla, con la presentazione di Henry Martin. L’oggetto e tutta la documentazione saranno esposti alla Biennale di Venezia nel 1993. Parallelamente, fin dagli anni Cinquanta, Mambor ha sviluppato un interesse attivo per la dimensione teatrale e attoriale, partecipando a seminari di Fersen con Paola Pitagora, a quelli di Marco Guglielmi, di De Fazio, e ricoprendo ruoli in alcuni film. Negli anni Sessanta e Settanta ha frequentato i teatri di sperimentazione a Roma, amico di Mario Ricci, Giancarlo Nanni, Pippo Di Marca, affascinato dall’atmosfera del Teatro Alberico, in cui convivevano esperienze diverse e conoscendo alcuni protagonisti quali Roberto Benigni, Daniele Formica, Lucia Poli, Bruno Mazzali, Leo De Bernardinis. Nel 1975 costruisce una scultura primaria di metallo, denominata Trousse, all’interno della quale introduce un personaggio. Nel momento in cui venne incorniciato un uomo, l’opera scultorea diventa un teatrino in cui il soggetto che lo abita vive un viaggio interno, un atto teatrale di identità. Fonda il GRUPPO TROUSSE, una compagnia teatrale, assieme a Pino Pietrolucci, Rodolfo Roberti, Remo Remotti, Claudia Rittore, Lillo Monachesi, Claudio Previtera e Annalisa Foà. “Il nome TROUSSE l’ho preso dall’astuccio degli strumenti, proprio per indicare la caratteristica di quest’indagine all’interno di un individuo, attuata nel contesto di un’assistenza corale, attraverso una metodologia collettiva. La TROUSSE da spazio fisico è diventata spazio mentale con soglie fluide per il passaggio dall’interno dell’individuo all’esterno del palcoscenico e viceversa”. Dopo alcune performance il Gruppo debutta al Teatro Alberico con gli spettacoli Edicola Trousse e Esempi d’arredamento. Nel 1978, in un gruppo di terapia gestaltica incontra Patrizia Speciale, che diventa la sua compagna e collaboratrice, rafforzando una linea di ricerca di un teatro fortemente visivo ma attento alle dinamiche psicodrammatiche. Dal 1978 al 1987 realizza spettacoli e manifestazioni diverse: - spettacoli d’autore, vere e proprie opere in cui è autore, attore, regista, scenografo; - spettacoli in collaborazione con altri autori, in cui è regista e scenografo; - laboratori teatrali che dirige e in cui realizza spettacolazioni; - rassegne di teatro pittura in cui coinvolge artisti visivi; - progetti speciali con artisti di diverse discipline: musicisti, danzatori, pittori; - produce il filmato “La linea parallela del mare”; - il filmato d’animazione “L’osservatore”; - performance e installazioni (“Allevamenti di campi da football”). Intorno al 1987 Mambor torna alla pittura, per un desiderio mai cessato (si è sempre presentato come “pittore”) e per un’operazione al cuore che lo costringe a riaffermare ciò che più gli interessa. Negli anni 1987-1989 affianca ad alcuni spettacoli le prime nuove mostre. Il tema de “L’OSSERVATORE”, nato in teatro nel 1983, viene elaborato nel linguaggio pittorico presentando la figura dell’artista di spalle che osserva diverse coltivazioni di tecniche pittoriche, in una riflessione sulla separazione tra osservatore e cosa osservata e sulla possibilità del cambiamento di sguardo. Nel 1993 al Palazzo delle Esposizioni di Roma M. G. Tolomeo Speranza cura la mostra “L’Osservatore e le coltivazioni” con il contributo in catalogo di Achille Bonito Oliva, e contemporaneamente Mambor realizza lo spettacolo “Gli Osservatori”, presentato da Nico Garrone. Nel 1996 a Roma, nella mostra-evento “Fermata d’autobus”, presentata da Achille Bonito Oliva, Mambor ha l’idea di mostrare sei autobus reali come fossero sculture-giocattolo, circondati da sue opere ispirate al viaggio urbano. Ciascun veicolo all’interno, svuotato, ospita un altro artista. Sempre nel 1996 a Roma è invitato da Maurizio Calvesi alla mostra antologica “Relazione” del Museo Laboratorio dell’Università La Sapienza, dove presenta Il Decreatore e il quadro scenico Fasce di pensiero. Il catalogo ha scritti di Maurizio Calvesi, Laura Cherubini e Anne Dagbert. Ancora nel 1996 in estate, a Spoleto, nella mostra “START-Arte in stazione”, fa interagire i materiali d’arte creati per l’occasione con l’architettura e gli arredi preesistenti della stazione per presentare al viaggiatore occasionale “un’opera complessa”. Nel 1998 l’Istituto Nazionale per la Grafica a Roma gli dedica una mostra antologica di opere su carta            - “Mambor opera di segni” - curata da Luigi Ficacci, con scritti di Simonetta Lux e Pierre Restany. Nel 1999 presenta a Modena alla Galleria Civica il lavoro su carta Diario a tempo libero, a cura di Claudia Zanfi. A Tivoli, nella mostra “Doppia coppia”, curata da Roberto Gramiccia, costruisce un motomandala, usando vere moto d’epoca. Il 2002 inizia con grandi mostre personali: a Palermo Francesco Gallo cura “Mambor Osservatore-Anni Novanta”; a Montecarlo “A tempo libero” è presentata da Alberto Dambruoso dalla Maretti Arte e a Roma, alla Galleria Il Mascherino “Progetto per un’antologica I, II, III” è presentato da Barbara Martusciello. Tra le molte collettive è importante la partecipazione alla mostra di Achille Bonito Oliva “Le opere e i giorni” alla Certosa di S. Lorenzo a Padula. Nel 2006, con la mostra personale “Gente che conta”, presso la Galleria Art Time di Brescia, Mambor rafforza la collaborazione con i direttori Marzia Spatafora e Francesco Boni, attraverso cui il lavoro si amplierà con mostre in Italia e all’estero, e inizia a realizzare sculture come sagome ritagliate, in ferro e in legno, piatte, fuoriuscite dalla bidimensionalità del quadro mantenendo i presupposti esecutivi dei primi anni.Nello stesso anno altre due mostre: a Nizza e a Faenza alla GAM. Nel 2007 un nuovo lavoro, una grande installazione, viene esposta alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma: “Separé”, a cura di Marina Gargiulo e Angelandreina Rorro. Nella presentazione Achille Bonito Oliva scrive: “L’opera di Renato Mambor è un delicato campo di concentrazione per lo sguardo e di salvaguardia per la vita di chi attraversa le sue sagome. Marcel Duchamp sagomò a Parigi la porta di una galleria per far spazio allo sguardo dello spettatore, Lucio Fontana tagliò la tela per far spazio al continuum dell’arte e ora Mambor sagoma le quinte della pittura per catturare l’attimo fuggente della vita”. Nello stesso anno a Milano Achille Bonito Oliva cura anche la mostra alla Fondazione Mudima, con la collaborazione di Art Time, in cui viene presentato il volume L’arte: far quadrato intorno alla vita, con scritti anche di Gino di Maggio e Gianluca Ranzi, con cui prosegue un proficuo scambio culturale. Nello stesso anno è presente a Venezia alla 52° Biennale, con l’installazione Ombre immutabili, con la presentazione di Duccio Trombadori. Ad Anversa nel 2009 sarà Ranzi a curare la mostra “Renato Mambor. La superficie e le storie infinite” e nel catalogo così presenta il lavoro: “Precorrendo i tempi della grande bouffe mediatica in cui oggi tutti siamo immersi, egli già dalla fine degli anni Cinquanta ha compreso in anticipo, persino sulla Pop Art, che le immagini si stavano vaporizzando […] Per vedere meglio egli ha smesso di guardare, e la benda che si è posto sugli occhi ha aperto una voragine di nuovo senso e di meraviglioso che egli oggi riversa a sua volta nella sua pittura”.   Nel 2009 la grande antologica “In prestito dall’infinito” mostra anche nuovi lavori a Napoli, a Castel Sant’Elmo, con la presentazione di Achille Bonito Oliva e la collaborazione di Art Time. In autunno a Roma, all’Auditorium Arte, Gianluca Ranzi presenta “Mai note burrose”. Dal testo di Anna Cestelli: “[…] sperimentazione che, nonostante l’apparente casualità di un percorso di arte e vita che porta l’artista alla lunga parentesi del teatro d’avanguardia, rimane tuttavia guidata/ pervasa da una coerenza concettuale e formale che unisce, come un arco teso a ritroso nel tempo, le ultime alla sue primissime opere: così in questa mostra, pensata da Mambor con una rigorosa circolarità temporale, dove diviene quasi possibile leggere il passato nel futuro”.   Nel 2010 a Milano nel Palazzo delle Poste a Piazza Cordusio viene allestita una mostra in cui alcune opere di Mambor si collocano negli spazi aperti al pubblico delle poste, in occasione della presentazione del manifesto disegnato da Mambor per la Giornata Mondiale del Teatro, per cui le Poste Italiane approntano un annullo filatelico. La presentazione è di Gianluca Ranzi, con uno scritto di Claudia Rittore.   A Roma nel 2011 alla Galleria Limen Massimo Riposati accosta alcune opere scultoree di Mambor a capolavori dell’arte africana nella mostra “Due ma non due. Guardiani e portatori”.   Sempre nel 2011 espone a Londra, all'istituto di cultura italiana. La mostra dal titolo "Storytelling" è accompagnata dall'omonimo catalogo edito da Christian Maretti Editore.   Nel 2012 a Berlino presenta la mostra dal titolo "Threads". Saranno le sale dell'Halle Am Wasser dell’Hamburger Bahnof ad ospitarla, le stesse nelle quali ha esposto Damien Hirst. La mostra è accompagnata dall'omonimo catalogo edito da Maretti Editore.   Nello stesso anno l’Istituto Italiano di Cultura di Praga ospita la mostra “Nei pressi dell’origine” curata da Gianluca Ranzi e accompagnata da un catalogo edito da Maretti Editore.   

Opere di Renato Mambor

  • acrilico su tela
    60x80cm
    2001
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    Rivalutazione dell'artista: +455%
  • tecnica mista su tela tamburata
    140x50cm
    1967
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    Rivalutazione dell'artista: +455%
  • venduta
    tecnica mista su tela
    125x50cm
    1994
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  • olio e smalto su tela grezza
    80x100cm
    2005
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    Rivalutazione dell'artista: +455%
  • venduta
    acrilico su tela
    50x70cm
    2013
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  • scultura
    103x60cm
    2011
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    Rivalutazione dell'artista: +455%
  • venduta
    tecnica mista su carta applicata su tavola
    50x70cm
    1962
    Il coefficiente di rivalutazione è un indice mutuato da Artprice che si riferisce alla percentuale di aumento dei prezzi medi di un artista calcolato negli ultimi 15 anni.
    Rivalutazione dell'artista: +455%