Alla fine del 1915 Casorati va sotto le armi, in Trentino. Nell’autunno del 1917, dopo la tragica morte del padre, Felice Casorati, con la madre e le due sorelle Elvira e Giuseppina, abbandona Verona per trasferirsi a Torino, nella casa-studio di via Mazzini, dove abiterà tutta la vita. La guerra e il suicidio del padre lasceranno nell’artista un segno profondo, che si rifletterà anche nell’atmosfera triste e angosciata delle grandi tempere del 1919-1920 : lo sforzo di Casorati è di annullare l’elemento decorativo e arrivare ad uno spazio pittorico severo e tesissimo.
A Torino stringe un’amicizia profonda con il giovane Piero Gobetti, che cura e pubblica nel 1923 la prima monografia a lui dedicata con il titolo Felice Casorati pitttore. Collabora alla sua attività editoriale e, nell’aprile del 1922, è tra i firmatari, su « Rivoluzione Liberale », diretta da Gobetti, di un appello rivolto ai giovani intellettuali per far nascere una cultura e una società nuova, spiritualmente rinnovata.
Nel 1920, dopo aver rinunciato a partecipare alla Biennale di Venezia ed essere stato escluso da Ca’ Pesaro per cavilli burocratici, promuove un vero e proprio esodo secessionista concretizzatosi nella «Mostra degli Artisti dissidenti di Ca’ Pesaro» nella galleria Geri Boralevi in piazza San Marco.
Diventa protagonista e promotore della vita culturale e artistica torinese.
Nel 1961 un embolo gli colpisce la gamba sinistra che dovrà essergli amputata. Muore nella sua casa a Torino il primo marzo del 1963. Numerose le mostre personali dedicate a Casorati dopo la sua morte.