L"esperienza biografica dell"artista torinese potrebbe essere la perfetta narrazione e il commento forse più aderente alla sua opera, come ha sottolineato in un recente contributo critico Achille Bonito Oliva. Senza cadere in facili equazioni arte-vita, fin dalla formazione e dalle scelte giovanili – gli anni in Seminario, la decisione di seguire la vocazione artistica e letteraria-teatrale, più forte di quella ecclesiastica che comunque sarà sempre importante, anche in antitesi, nella sua opera; gli anni Settanta a Bologna e Parigi, la conoscenza di personalità complesse e certo determinanti, da Deleuze a Baudrillard – contribuiscono a definire i tratti e le linee guida del linguaggio pittorico di Montesano. Attivamente partecipe agli eventi politici e culturali degli anni Settanta e Ottanta, impegnato nel teatro e nella drammaturgia sperimentali (la sua Compagnia Florian, con sede a Pescara, ha presentato spettacoli a Parigi, in Ungheria e in tutta Italia), autore di testi teorici teatrali e filosofici, Montesano avviava la sperimentazione del linguaggio pittorico negli anni Settanta, stabilendo alcune linee guida destinate a proseguire, pur nell"evoluzione espressiva e concettuale, fino ad oggi: innanzitutto, la rap-presentazione degli avvenimenti più significativi, epocali della storia del precedente "secolo breve", come lo ha definito Hobsbawm, attraverso la scelta di scene tipiche, topos narrativi ed iconografici usati dalla propaganda e dall"immaginario massificato, riletti attraverso i toni tenui di una pittura giocata sui toni del bianco e nero, en grisaille, sarebbe meglio dire, – e solo a tratti, laddove l"artista vuole maggiormente segnare momenti d"affezione o per contrasto di parodia, a colori. Da analizzare è inoltre il taglio compositivo della scena rappresentata: sia che si tratti di avvenimenti storici epocali, o di personaggi politici, o di ritratti di pin up e scene di genere (la danza popolare, la preghiera, l"interno domestico) Montesano alterna all"assenza della profondità spaziale e dell"ambientazione, presentando in primo piano, pienamente occupanti la superficie della tela, i protagonisti del racconto artistico, la definizione di scene di forte impatto narrativo, con tagli prospettici filmici e teatrali, quali scenografie di una storia raccontata, appunto, per eventi e flash back, dove l"esperienza collettiva diventa personale, e viceversa, in una critica contaminazione di letture e ideologie che non vuole portare a facili risoluzioni, condanne o assoluzioni, ma alla rap-resentazione, appunto, a fatti avvenuti, degli accadimenti stessi. Montesano insomma si fa autore di uno sforzo costante di mise en abyme, di messa in luce delle storie della Storia, per riflettere su di esse e sul bagaglio di immagini e racconti sui quali il presente si puntella o crolla. Fondamentale la sia analisi critica, formale ed estetica, del linguaggio figurativo, operata attraverso un cortocircuito di modelli che va dall"immagine votiva e devozionale a quella politica dell"ideologia, attraversando l"esperienza del realismo – con particolare riferimento al linguaggio del realismo sociale, dall"Ottocento popolare russo a quello sovietico, al neorealismo cinematografico, con Rossellini in primo piano, e non solo per il titolo di una sua opera di fine anni Ottanta, "Torino anno zero", che riprende il capolavoro cinematografico "Germania anno zero", ma per un generale senso estetico e taglio narrativo che riflette, appunto, il continuo svuotarsi e ricolmarsi di ideologia, la malinconia della storia e il senso di perdita e al contempo di recupero costante della memoria. Un linguaggio figurativo, dunque, che contiene molte più aperture o meglio deviazioni verso l"inconscio, l"ignoto, il mistero di quanto apparentemente lascerebbe pensare l"immediata narratività e chiarezza esplicativa delle immagini: sensazioni che si raggrumano proprio lì, fra i sorrisi edulcorati delle dive, nell" (in)certo incedere del dittatore e dello statista, oltre i vetri di una finestra dalla quale ci osserva un bambino, nel gesto devozionale sovraccarico; un mistero che, innanzitutto, pare ogni volta suggerirci che dietro ad ogni personaggio, protagonista e attore della storia dipinta da Montesano, si celi proprio lui, l"artista, fra affermazione e perdita della propria identità, nel mare degli eventi che, con nostalgia e rabbia, fierezza e al contempo delusione, egli sa raccontare con un linguaggio oltremodo riconoscibile e denso di senso. Presente in importanti esposizioni personali e collettive in tutta Europa, tra le quali l’edizione “Open” 1993 della Biennale di Venezia, Montesano annovera, fra i critici e i letterati che si sono occupati di lui, le seguenti pubblicazioni: Josefina Ayerza, cat. Annina Nosei Gallery New York, 1992. Paolo Balmas, Segno, Dicembre-Gennaio, 1995-1996. Jean Baudrillard, Fascino, Compagnia Florian, 1980. Luca Beatrice, Antologia, Politi Editore, 1996. Gilles Deleuze, Guardando il cielo, Pio Monti, 1989. Giacinto Di Pietrantonio, Galleria Cardi, 1991. Giacinto Di Pietrantonio, Edizione straordinaria,Ferrara, 1995. Danilo Eccher, Mistero della Fede, Adeste Fideles, 1980. Helena Kontova, Drammatizzando 1"indifferenza, Il Milione, 1996. Toni Negri, Guardando il cielo, Pio Monti, 1989. Toni Negri, Arte e Multitudo, Politi Editore, 1993. Achille Bonito Oliva, Se da lontano, Emilio Mazzoli, 1994. Achille Bonito Oliva, Lezioni di Anatomia, Edizioni Kappa, 1995. Gabriele Perretta, Medialismo, Politi Editore, 1993. Adriano Sofri, Rosae Rosarum Rosis, Il Milione, 1996. Philippe Sollers, Le Sacre Coeur et Montesano, Adeste Fideles, 1980.